
Se la vaccinazione costituisce un presidio fondamentale per la protezione da alcuni ceppi batterici, ci sono dei portatori sani che “custodiscono” il meningococco per molto tempo nella gola e, quando questo si “sveglia”, diventano veri e propri untori. “Non si sa perché – precisa Pregliasco – ma una quota di popolazione, che può arrivare al 5%, per un certo periodo della vita è inconsapevolmente portatrice sana, in cui alberga nelle prime vie aeree il meningococco. Fa da diffusore della malattia. Ma non si sa quali siano le condizioni che dalla gola portano alla meninge e quindi determinano una malattia grave. Si sa che ci possono essere momenti di stanchezza, malattie intercorrenti, ma non c’è ancora chiarezza rispetto a questo passaggio”. E quando si manifesta, la meningite, pur caratterizzata da sintomi tipici, può essere confusa con una forte influenza. “Le caratteristiche – aggiunge il virologo – sono febbre elevatissima, rigidità della nuca, un’iper-estensione del collo bloccato, vomito a getto, arrossamento cutaneo e sintomi neurologici”. Cosa fare se si apprende di essere stati in contatto con una persona colpita? “Dipende da quanto si è stati in contatto. Per fare un esempio, in generale nella scuola i bimbi devono stare attenti per una decina di giorni, che è il tempo di incubazione della malattia, e, se hanno sintomi, devono andare in Pronto Soccorso. Per persone che hanno avuto contatti più stringenti e duraturi, per più ore, è indicata invece una cosiddetta chemioprofilassi breve, cioè una cura di antibiotici mirati. Il batterio non sopravvive nell’ambiente, quindi non c’è pericolo di contaminazione ambientale. Bisogna seguire le indicazioni della ASL. Per semplificare, chi è stato a contatto diretto deve prendere una compressa di antibiotico, gli altri devono solo stare attenti alla possibilità di insorgenza di sintomi”.
